In un mondo dell’arte che sembra sempre più fluido e globale, l’arrivo a Milano di una delle più influenti gallerie internazionali non può passare inosservato. Il nome è di quelli che contano: Thaddaeus Ropac, gallerista austriaco che, partendo dalla piccola Lienz negli anni Ottanta, è riuscito a costruire un impero che tocca le capitali culturali del mondo. E ora, con l’inaugurazione ufficiale prevista per il 20 settembre 2025, anche Milano entra nella costellazione Ropac, portando con sé un carico di aspettative, fermento e possibilità di ridefinizione della scena contemporanea italiana.
Thaddaeus Ropac apre la sua prima galleria nel 1983 a Salisburgo, dopo aver lavorato come assistente di Joseph Beuys. Da lì inizia una scalata straordinaria. Porta l’Europa centrale al centro del mercato internazionale dell’arte, riuscendo a unire visione curatoriale, rigore museografico e intuizione commerciale. A Parigi apre prima nel Marais, poi nella gigantesca sede di Pantin: 5.000 metri quadri per ospitare opere monumentali. A Londra, la galleria Ely House diventa subito un punto di riferimento. Poi arrivano Seoul, St. Moritz, e ora Milano.
Ropac non si limita a vendere arte: costruisce narrazioni, rilancia eredità culturali (basti pensare al lavoro con gli archivi di Robert Rauschenberg o Joseph Beuys) e sostiene una rete editoriale e di ricerca curatoriale che dialoga con le istituzioni più importanti al mondo.
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Un documento completo con dettagli curatoriali, concept della mostra, biografie degli artisti e immagini selezionate.
Milano è da anni al centro di una rinascita artistica. Non solo fiere e biennali, ma musei in fermento, fondazioni dinamiche, nuove collezioni private e un pubblico sempre più esigente e curioso. Per Ropac, entrare a Milano significa non solo aprire una sede in Italia, ma investire nel cuore pulsante del futuro europeo.
La sede scelta, Palazzo Belgioioso, è un’icona del classicismo milanese. Affacciata sulla piazza omonima, a due passi dal Duomo e dal Teatro alla Scala, la nuova galleria si estenderà su 280 metri quadri, con spazi restaurati in chiave filologica ma dotati di tecnologie espositive all’avanguardia.
Ci sarà anche un secondo spazio in via Bigli, destinato al mercato secondario e agli appuntamenti riservati con collezionisti e istituzioni. Ma la vera ambizione è trasformare Piazza Belgioioso in un'estensione viva della galleria, ospitando installazioni temporanee e progetti partecipativi che coinvolgano la città.
Non poteva esserci scelta più simbolica, e più poetica, per l’apertura di Thaddaeus Ropac a Milano. La mostra inaugurale mette in dialogo due giganti: Lucio Fontana, il padre dello Spazialismo e uno degli artisti più visionari del Novecento, e Georg Baselitz, artista tedesco tra i più iconoclasti della seconda metà del secolo, da sempre legato a Ropac da un sodalizio umano e professionale.
Ma non è una semplice giustapposizione di opere: Baselitz presenterà per la prima volta un corpus di lavori dedicati espressamente a Fontana. Opere ispirate, per atmosfera e gesto, alla logica dello “spazio oltre la tela”, ma filtrate attraverso l’inquietudine, la carne e la materia della sua poetica personale. Il risultato promette una mostra intensa, concettuale e fisica al tempo stesso.
Fontana sarà presente con una selezione preziosa concessa dalla Fondazione Lucio Fontana e da alcune delle più importanti collezioni private europee. Sarà un evento non solo curatoriale ma filologico, dove si incroceranno archivi, prestiti, documenti e suggestioni patafisiche, come ha dichiarato la stessa Elena Bonanno di Linguaglossa, direttrice della nuova sede milanese.
Il restauro della galleria ha rispettato l’impianto nobiliare dello spazio, recuperando pavimenti originali e restaurando stucchi e infissi. Ma l’allestimento sarà completamente contemporaneo. Ogni sala avrà un’identità visiva propria, giocando con contrasti materici e tagli di luce che dialogano con le opere.
Le installazioni si estenderanno anche all’esterno, invadendo Piazza Belgioioso. Qui l’arte uscirà dalle pareti per diventare esperienza urbana. Una scultura di Baselitz, forse monumentale, sarà il simbolo visivo della nuova galleria. Milano avrà un nuovo landmark.
Al fianco di Elena Bonanno di Linguaglossa, direttrice della sede milanese di Thaddaeus Ropac, la mostra è accompagnata da una pubblicazione che promette di diventare oggetto di culto.
I testi sono firmati da Flavia Frigeri, già curatrice alla Tate e oggi alla National Portrait Gallery, e Luca Massimo Barbero, voce autorevole della Fondazione Fontana.
Nel catalogo non ci sarà solo critica: anche materiali d’archivio, schizzi, fotografie inedite, lettere e riflessioni sul concetto stesso di dialogo tra artisti lontani per epoca ma affini per tensione poetica.
L’inaugurazione di Thaddaeus Ropac a Milano non è solo un evento mondano o una strategia commerciale: è un gesto culturale. È il segno di una città che accoglie e rilancia, di una galleria che non cerca semplicemente un punto vendita ma un luogo di senso, di scambio, di trasformazione.
Sarà un’autunno importante, da vivere con gli occhi aperti e il respiro sospeso. Ropac promette di restare. E Milano è pronta a brillare.
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13.6.2025