Amy Karle non è solo un'artista.
È un'archivista del possibile, una futurista del corpo e dello spirito.
Una mente che trasforma cellule, algoritmi e visioni in atti estetici e politici.
Nata a New York nel 1980 e formatasi all'Università di Alfred e alla Cornell University, vive nelle intersezioni tra arte, scienza, tecnologia e spiritualità.
La sua storia personale, segnata da una rara condizione congenita che l'ha messa in stretto contatto con la medicina sperimentale fin dalla nascita, ha tracciato un percorso in cui il corpo non è un limite, ma una soglia.
"Il corpo e l'identità sono mezzi viventi ed in evoluzione, un paesaggio in continuo mutamento."
Con queste parole, Amy Karle ci introduce al cuore del suo lavoro.
Un lavoro che interroga le tecnologie del presente per riscrivere le identità del futuro.
“La nostra identità è molto più della materialità del corpo, eppure le due cose sono profondamente intrecciate. L’identità è formata dalla biologia, dalla cultura, dalla memoria e, sempre più, dagli strumenti, dalle tecnologie e dalle biotecnologie con cui interagiamo.”
Non si tratta solo di forma, ma di esperienza e guarigione.
Per Amy, il concetto di guarigione è fondamentale: guarire non significa solo tornare a chi eravamo prima, ma diventare altro, evolvere attraverso l'esperienza, anche quella dolorosa.
È un processo trasformativo che ridefinisce identità e corpo. È la possibilità di evolversi.
“Quando guariamo, cambiamo; quando miglioriamo o aumentiamo, ridefiniamo. Anche quando guariamo o modifichiamo il corpo, c’è spesso un livello più profondo di guarigione che deve ancora avvenire, e che la sola guarigione o potenziamento del corpo non può sempre raggiungere. Guarire e potenziare l’identità appartiene a un altro ambito: ci sono altre tele dell’essere che possono essere modificate, e questo può anche cambiare la nostra biologia, identità e senso di sé.”
Il lavoro di Amy è un portale, una soglia tra materia e possibilità. Ogni progetto è un atto di trasformazione consapevole.
“La trasformazione del corpo, del sé e dell’identità, che avvenga tramite tecnologia, sanità, biotecnologia, medicina moderna o interventi autodiretti, diventa allo stesso tempo specchio e tela dell’identità. Ci ricorda che siamo formati e in attesa di essere formati, dalle scelte che compiamo, dalle esperienze che viviamo, dalle impronte sul nostro corpo e dalle tecnologie che usiamo, che ridefiniscono costantemente chi siamo e quale sarà il nostro futuro.”
Amy Karle è nota per aver creato alcune delle più straordinarie opere bio-artistiche del nostro tempo, come Regenerative Reliquary:
“Ho utilizzato scaffold progettati generativamente e bio-stampati che permettono alle cellule staminali di crescere fino a diventare osso... Volevo creare qualcosa a scala umana, immediatamente riconoscibile come umano, così la mia visione artistica ha spinto la ricerca in avanti. All’epoca divenne l’impalcatura stampata in 3D più grande mai realizzata per la coltura di cellule staminali.”
Il suo pensiero va oltre i progressi pionieristici. È una riflessione etica e poetica su cosa significhi veramente guarire:
"Sebbene la riprogettazione del corpo possa produrre enormi benefici medici, solleva anche questioni fondamentali sulla responsabilità, l'etica e su cosa significhi veramente 'guarire'."
Nel suo lavoro The Heart of Evolution? (2019), Amy esplora il potenziale di un cuore riprogettato non solo come organo biologico, ma come centro simbolico ed emozionale dell'essere umano.
"Ho esplorato come la riprogettazione del cuore potrebbe cambiarci emotivamente, spiritualmente e socialmente."
“Questo potrebbe offrire grandi benefici curativi e medici, ma potrebbe anche cambiare radicalmente noi e la nostra traiettoria evolutiva.”
“La bioarte e il biodesign ci aiutano a immaginare nuove opportunità e modalità di guarigione, a illuminare percorsi futuri, ci aiutano a considerare come potremmo usare la biotecnologia non solo per riparare il corpo, ma anche per costringerci a ridefinire cosa significhi guarigione sul piano emotivo, spirituale, sociale ed evolutivo.”
“L’arte stessa potrebbe diventare un veicolo per una nuova forma di immortalità, sia biologica che digitale. Soprattutto se consideriamo la bioarte e il biodesign, inclusa la generazione di organismi o corpi reinventati.”
Amy non teorizza. Agisce. Lavora con organismi adattivi di intelligenza artificiale, crea copie di se stessa capaci di generare arte oltre la sua esistenza fisica e invia DNA nello spazio.
"Sto ora intraprendendo lo sviluppo di una versione digitale di me stessa basata su AI/ML che potrebbe continuare a creare opere d'arte dopo la mia scomparsa fisica. I nostri residui biologici e digitali che lasciamo dietro di noi sono in molti modi archivi delle nostre firme emotive, psicologiche e biologiche"
Progetti come Echoes from the Valley of Existence e The Golden Archive sono echi viventi. Veri incubatori del futuro secondo la sua visione:
"Non sono semplici archivi, sono echi di intenzione, messaggi viventi che potrebbero sopravviverci, una copia di backup della Terra in incubazione per il futuro"
Durante l'intervista, le abbiamo chiesto: "Hai mai ricevuto reazioni particolarmente forti o inaspettate dal tuo pubblico? Come pensi che la tua arte influenzi le emozioni e le percezioni degli utenti riguardo ai loro corpi e alle loro identità?"
Amy ha risposto con toccante sincerità:
“Sono stata profondamente toccata da molte reazioni personali riguardanti la malattia, la disabilità, la speranza e il dolore. Spettatori e partecipanti hanno pianto, meditato e condiviso storie su come un’opera risuonasse con le loro lotte personali o con i loro percorsi di guarigione.”
Uno dei momenti più intensi è avvenuto in Giappone durante l'installazione di Echoes from the Valley of Existence:
“Un momento particolarmente toccante è stato durante Echoes From the Valley of Existence in Giappone, quando ho visto una donna che credeva di essere sola all’interno dell'installazione, inginocchiarsi davanti ad essa.”
Quel gesto silenzioso, intimo, sacro, racchiude la profondità del legame tra l’opera e chi la vive.
Amy non crea semplicemente esperienze: crea spazi dove le emozioni sono accolte, trasformate e rivelate.
"L'arte può innescare potenti riflessioni su noi stessi e sulla nostra identità, su come abitiamo i nostri corpi, su come i nostri corpi cambiano nel tempo e su come la tecnologia si intreccia con quell'esperienza. È uno specchio, una meditazione e può essere una chiamata all'azione."
In questo senso, il pubblico non è mai un semplice spettatore. Sono co-creatori, una presenza vivente.
Le opere di Amy Karle non sono semplicemente osservate; sono sentite, vissute e spesso ricordate con le lacrime agli occhi.
Con A Pulse in the Stream, Amy Karle ha creato un'installazione sulla facciata del Beijing Digital Economy AI & Data Center che visualizza in tempo reale l'interazione tra dati, ambiente, corpo e intelligenze collettive:
"Anche un singolo impulso può alterare l'aspetto dell'edificio, illustrando che ciascuna delle nostre azioni ha un effetto a catena in questa vasta rete di dati e AI che modella il nostro presente e futuro"
“Vedo un’opportunità ancora più ampia nell’usare l’arte per influenzare quegli stati mentali che favoriscono la guarigione, aumentano la consapevolezza e la coscienza.”
Durante l'intervista le abbiamo chiesto: Hai mai pensato di collaborare con neuroscienziati per esplorare come il cervello reagisce alla bioarte e alle esperienze immersive che crei?
La sua risposta è stata illuminante:
"Sì, assolutamente. In effetti, sono attualmente in discussione con un neuroscienziato per un progetto collaborativo in questa direzione. Sono sempre stata intrigata da come le opere d'arte immersive e interattive non solo spostino le nostre percezioni ma possano tangibilmente rimodellare la nostra esperienza sentita - tutto, dall'empatia e autoconsapevolezza alla guarigione".
“Per i neuroscienziati, potrebbe essere un laboratorio incredibile: potrebbero misurare come l’interazione con l’opera moduli stati emotivi, empatia o una percezione più profonda di connessione.”
"Nella mia precedente serie Biofeedback (2011-in corso), ho esplorato come possiamo sia testimoniare che aprire la porta all'uso dell'arte come catalizzatore per stati trasformativi nel cervello. Non si tratta solo di osservare un cambiamento; si tratta di facilitarlo intenzionalmente, potenzialmente guidando gli spettatori verso una maggiore consapevolezza, empatia e benessere."
"In questo senso, l'arte diventa un portale multisensoriale, uno spazio dove percezione, corpo e mente convergono, potenzialmente ricablando il modo in cui vediamo noi stessi e il nostro posto nel mondo."
Amy Karle vede il cervello non come una macchina da decodificare, ma come un terreno vivente plasmato dalla percezione.
Per lei, l'arte non è uno strumento di abbellimento, ma una forza che può riscrivere il nostro paesaggio interiore.
Ogni opera che crea diventa una scintilla - come una nuova sinapsi - che ci collega a una consapevolezza più profonda.
"Le direi: resta con le tue domande, resta nelle domande difficili anche quando sembrano impossibili, saranno la tua forza. Resta lì anche quando è più difficile; non cercare di scappare. Pensa a chi vuoi essere in quel momento e a cosa vuoi incarnare. Continua a creare. Continua ad agire. Accetta le sfide della vita con coraggio e curiosità. Il dolore e le domande hanno uno scopo; fanno parte del tuo apprendimento e del tuo viaggio, plasmando ciò che contribuirai a questo mondo."
Amy Karle ci ha parlato. Non solo con le parole, ma con la presenza.
Ha condiviso con noi ciò che più spesso rimane nascosto: la parte invisibile del gesto creativo, quella fatta di aspettativa, dubbio e visione.
Le sue risposte non sono semplici affermazioni: sono respiri, sono pause, sono riflessioni profonde.
In ciascuna di esse, puoi sentire il battito di una vita plasmata dal significato, dalla ricerca e dal desiderio di lasciare una traccia non solo artistica, ma profondamente umana.
Questa non è solo un'intervista; è un invito a guardare dentro noi stessi con maggiore coraggio, ad accogliere la trasformazione come parte del nostro essere e a riconoscere la tecnologia come un'estensione del nostro cuore - ancora prima della nostra mente.
Amy ci ha insegnato che ogni opera può essere una preghiera, un codice vivente, una speranza piantata nel presente per fiorire nel futuro.
E mentre la sua voce ci accompagna come un dolce eco, ci rimane una rara sensazione: quella di essere ascoltati da qualcuno che, nel suo cuore, ascolta prima di creare.
Di essere accolti da qualcuno che, attraverso la sua arte, sceglie di guarire - non solo di esprimersi.
Grazie, Amy, per averci immerso in una visione dell'arte dove il presente è permeato dal futuro in una mutua interconnessione.
Vi invitiamo a seguire Amy sul suo sito amykarle.com, su instagram e sul suo canale youtube.
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E noi ci vediamo alla prossima!
1.5.2025